Storia – Patrimonio Storico Artistico – Convento di Sant’Antonio da Padova – Madonna dell’Idria

foto del dipinto 

JANNELLI FILIPPO (1621c.- 1696)

Olio su tela centinata chiusa entro cornice lignea dipinta. – Cm. 286 x 209.

Provenienza: dalla Chiesa conventuale.

La tela propone un tema iconografico assai diffuso nel ‘600 e di cui il Samperi nella sua “Iconologia ” offre un ampio saggio. Rimandiamo per gli approfondimenti alla scheda relativa alla tela di uguale soggetto conservata nella chiesa di Gesù e Maria .

L’opera, firmata dal pittore castrense Filippo Jannelli, riproduce l’immagine della Vergine con il Bambino seduta su una cassa aperta, portata a spalla da due monaci orientali . Il volto di Maria è quello di una giovane donna, alla quale i lunghi capelli scuri conferiscono accenti di ingenua freschezza. Raffigurata col busto in torsione, mentre poggia affettuosamente la guancia sul capo del Figlio, che sta ritto in piedi sulla cassa, la Vergine volge lo sguardo all’osservatore.

La veste rosa , cinta alla vita, è graziosamente ricoperta dal manto azzurro che scende ad avvolgere le ginocchia. Due angeli in volo le tengonosospesa sul capo la corona di Regina del cielo. I due monaci , vestiti con un lungo saio marrone privo di cordone e col capo coperto da un nero velo hanno i volti incorniciati da una lunga e folta barba. I loro sguardi si incrociano con espressione interrogativa, come a chiedersi il percorso da seguire. La posizione in cui sono ripresi indica che stanno facendo una strada in salita.

Fa da sfondo alla scena un paesaggio marino nel quale è possibile scorgere a sinistra una barca e sulla riva una torre. A destra, ai piedi di un costone roccioso si vede un villaggio immerso nel verde. Nell’estremità inferiore destra trovasi un piccolo stemma gentilizio coronato recante come simbolo araldico una tortora su fondo azzurro.

Il cartellino che recava la firma e la data, dal Grosso Cacopardo registrata come 1693 e dal Bertini come 1656, è oggi quasi completamente illeggibile. Il Bilardo , che potè studiare il dipinto nel 1960 e controllare in quell’occasione la sottoscrizione, l’ha citato recentemente con la data 1656, in ciò confortato anche dalle qualità stilistiche del pittore castrense nella fase più antica della sua attività. Caratteristica quasi costante di Filippo Jannelli è quella di rifarsi, più o meno liberamente, a composizioni altrui, ora copiandole interamente, ora estraendone figure e particolari isolati. In questo caso il pittore ha tenuto presente la tavola con lo stesso soggetto dipinta da Gian Domenico Quagliata nel 1601 e conservata nella chiesa parrocchiale di Centineo, copiandone quasi fedelmente le figure dei due monaci e la pesante cassa che essi trasportano. Nulla vieta naturalmente di pensare che il modello sia stato suggerito dalla stessa committenza, a ciò indotta dal successo devozionale da questo incontrato.

Bibliografia :G.BERTINI, 1923, p.92; G.GROSSO CACOPARDO, IV, pp.33- 34;Messina e dint., 1902, p.409; N. ARICO’, 1989, p.915; L.SARULLO,2, 1993, pp.257- 258; A. BILARDO, 3, 1995, p.143.

 L. Aloisio – M.R. Naselli

( tratto da Il Mosaico della Memoria: Pittura e Scultura a Barcellona fra Quattrocento e Seicento, – Messina: SICANIA – Edizioni GBM, 1998 )