Storia – Patrimonio Storico Artistico – Basilica di San Sebastiano – San Cristoforo con quindici storie della vita

foto del dipinto

IGNOTO (secolo XVI-XVII) – (scuola di A. Riccio)

Olio su tela rettangolare entro cornice lignea dorata e dipinta recante le storie del santo e decussata agli angoli superiori. – Totale: cm.300 X 209 – Tela: cm. 211 X 128.

Provenienza: antica Chiesa di S. Sebastiano. 

La tela, contornata da quindici riquadri su tavola con episodi della vicenda agiografica del santo, è dominata dalla figura possente di S. Cristoforo.

La tradizione vuole che questo martire del IV secolo, uomo “grande come una montagna, forte come un elefante”, dopo aver appreso da un eremita che Gesù si celava sotto le spoglie dei bisognosi, si stabilì presso un fiume per fare il traghettatore dei deboli. Con un tronco d’albero impugnato a mo’ di bastone attraversava coraggiosamente la corrente impetuosa del fiume, finchè in una bella giornata di sole si presentò un bimbo a chiedergli di essere traghettato. Il gigante non esitò a farlo, ma dopo aver fatto pochi passi, il cielo si rabbuiò, il tuono si fece sentire minaccioso e la piena ingrossò il fiume. Cristoforo si sentì perduto, anche perché il peso di quel bambino si faceva sempre più schiacciante. Si rivolse allora ansimante a guardare in modo interrogativo il piccolo che portava sulle spalle, il quale lo rassicurò svelandogli la sua identità: era proprio Gesù.

Questa è la scena rappresentata nella tela dall’ignoto autore, probabile seguace di Antonello Riccio.

Forte e robusta appare la figura di Cristoforo, avvolta da un mantello il cui panneggio, ampio e voluminoso, si gonfia come la vela di una nave. Il santo si appoggia al suo bastone e rivolge con gravità lo sguardo al Bambino che porta sulle spalle e dal quale riceve rassicurazione. Fanno da sfondo alla scena un cielo denso di nuvole minacciose, su un orizzonte luminoso che infonde speranza , ed un paesaggio marino che sembra una veduta non del tutto immaginaria dello Stretto di Messina, delimitato in lontananza dalle Isole Eolie.

Nei riquadri angolari sono applicate quattro teste di cherubini intagliate e indorate, mentre in quello centrale del rifascio superiore è applicato un cartiglio con una scritta di cui , dal basso, è possibile leggere soltanto una parte : “…FIGRADE ETIO/ DEFENDE ME AB OI/ PERICULO ET A MALA/ MORTE…” . L’attribuzione del dipinto all’ambito di Antonello Riccio è stata avanzata dal Bilardo e trova conferma nel fatto che il pittore viene ricordato dal Susinno e dal Grosso Cacopardo come autore di una grande tavola, raffigurante lo stesso Santo, che si trovava a Messina nell’Oratorio di S. Cristoforo, e che certamente servì da modello per il quadro barcellonese.

Bibliografia : C. BIONDO, 1986 , p. 179; N. ARICO’,1989, p.910; A. BILARDO, 3, 1995, p.143; A. BILARDO , 1997, p. 126 .

 L. Aloisio – M.R. Naselli

( tratto da Il Mosaico della Memoria: Pittura e Scultura a Barcellona fra Quattrocento e Seicento, – Messina: SICANIA – Edizioni GBM, 1998 )