Storia – Patrimonio Storico Artistico – Basilica di San Sebastiano – Santo Rocco tra San Nicolò (o San Paolino da nola ?) e Santa Caterina D’Alessandria

foto del dipinto 

CESARE DI NAPOLI (1550- 1586)

Tempera su tavola rettangolare. – Cm. 190 x 140

Provenienza: antica Chiesa di S. Sebastiano.

La tavola, tradizionalmente attribuita a Cesare di Napoli, rappresenta i tre Santi quasi allineati sullo stesso piano. Al centro campeggia la figura di S. Rocco, rappresentato, secondo l’iconografia corrente, in abiti da pellegrino, col mantello a mezza gamba, munito di conchiglia, che proprio da lui prende il nome di “sanrocchino”, e con in mano il bordone. Con la mano sinistra solleva la veste a mostrare le cicatrici lasciate dalla peste, che colpì il santo mentre si prodigava nella cura degli appestati. Ai suoi piedi un cane, dal volto umano, allude alla leggenda secondo la quale S. Rocco sarebbe stato nutrito da questa bestiola pietosa durante la ripugnante malattia. A sinistra la figura del Santo vescovo col capo mitrato, il pastorale nella mano destra e il libro nella sinistra, fa pensare a S. Nicola, il cui culto risulta molto antico nel territorio di Barcellona Pozzo di Gotto, ma non manca chi riconosce in lui S. Paolino da Nola , assai venerato nella città come protettore degli ortolani. A destra invece S. Caterina d’Alessandria, la bella principessa che, per aver osato sfidare l’imperatore Massimino, fu decapitata, stringe al petto con la mano destra una lunga spada, mentre con la sinistra tiene un libro appoggiato al fianco. Ai suoi piedi è rappresentata la testa barbata del suo persecutore. La linea dell’orizzonte molto bassa accentua la monumentalità dei tre Santi, che rivolgono lo sguardo all’osservatore e si ergono contro lo sfondo uniforme di un cielo dai toni molto caldi . Un albero chiude a destra la composizione, protendendo i suoi rami sulla testa della Santa.

La tavola è molto rovinata nella parte inferiore.

L’attribuzione di essa a Cesare di Napoli, avanzata nel 1821 dal Grosso Cacopardo, è stata successivamente accolta da tutti gli studiosi. La debolezza dell’esecuzione, evidente in alcuni dettagli, potrebbe giustificare la retrodatazione dell’opera all’inizio del nono decennio del Cinquecento.

Bibliografia : G. GROSSO CACOPARDO, 1821, p.66; G. DI MARZO, 1862, p.314; A. De TROVATO – S. RACCUGLIA, 1898, p.19; Messina e dintorni, 1902, p.408; N. ARICO’,1989, p.910; T. PUGLIATTI, 1993, p.240; L. SARULLO, 1993, pp.175- 176; A.BILARDO, 3,1995, p.142; G. MOLONIA, 1996, p.114; E. BAVASTRELLI- C. CERAOLO, 1997, p.32.

 L. Aloisio – M.R. Naselli

( tratto da Il Mosaico della Memoria: Pittura e Scultura a Barcellona fra Quattrocento e Seicento, – Messina: SICANIA – Edizioni GBM, 1998 )