GASPARE CAMARDA (opere da 1597 a 1629)
Olio su tela rettangolare chiusa entro cornice lignea indorata con angoli superiori decussati. – Cm. 255 x 154. – Provenienza: antica Chiesa di S. Sebastiano.
Al centro della composizione la Vergine, seduta su una sporgenza rocciosa, volta di tre quarti verso sinistra e circonfusa dalla luce intensa e calda dello sfondo, solleva con la mano destra un lembo del panno steso sulle sue ginocchia. A sinistra S. Francesco, in ginocchio davanti alla Vergine, tiene con amorevolezza il Bambino, che, sorridendo gli sembra voler sottolineare la perfetta intesa tra loro. Più in basso, sulla destra, un altro francescano, seduto ed appoggiato col gomito sinistro ad un masso, medita sulla fragilità umana simboleggiata dal teschio che tiene fermo con la mano destra sopra il ginocchio, facendo nello stesso tempo scorrere tra le dita i grani di un rosario. L’ atteggiamento e gli oggetti descritti, insieme con la lunga barba, lo qualificano come anacoreta. Il cordone che gli cinge i fianchi, scendendo fino a terra, termina quasi sulla testa del committente raffigurato a mezzo busto nell’angolo inferiore destro della composizione. Questo personaggio, dal viso paffuto incorniciato dai lunghi capelli e somaticamente caratterizzato dal pizzetto e dai baffi attorcigliati con le punte rivolte verso l’alto, fissa lo sguardo penetrante sull’osservatore e sembra proporsi, grazie al tipico colletto e al classico abbigliamento seicentesco, come un abate. Sulla roccia su cui si appoggia l’anacoreta è vergata a caratteri scuri ben delineati la scritta: “GASPAR / CAMARDA / PINGEBAT / 1606”.
Il marrone è il colore dominante delle rocce e del terreno, cui si adeguano, anche con le loro sfaccettature, i sai dei due francescani. In questa tonalità generale spiccano il rosso e l’azzurro delle vesti della Vergine, il cui volto dolcissimo viene messo in risalto dal contrasto chiaroscurale del velo che le copre il capo.
Su questo dipinto , il cui soggetto è stato spesso erroneamente interpretato e nel quale il ritratto del committente è stato da qualcuno scambiato con quello del pittore , esiste una nutrita bibliografia, costituita per lo più da semplici citazioni. La più antica testimonianza, fornita dall’arciprete Cutrupia, attesta che il dipinto si trovava già nel 1731 nell’antica chiesa di S. Sebastiano. Il soggetto tipicamente francescano potrebbe pertanto essere spiegato o come il risultato di una missione predicata da frati appartenenti all’ordine dei Minori Osservanti ( ad esso si riferisce la tipologia dei sai indossati nel quadro dai due frati) o come prodotto della devozione nutrita nei confronti dell’Ordine dalla committenza. Il modello al quale il Camarda si è riferito è stato individuato dal Bilardo in una incisione riproducente in controparte una bella tela dipinta dal senese Francesco Vanni e originariamente conservata nella chiesa dei Cordiglieri dell’Osservanza in Lione.
Bibliografia :G. CUTRUPIA, 1731, p.43; G.GROSSO CACOPARDO, 1821, p.106; A. DE TROVATO- S. RACCUGLIA, 1898, p.19; Messina e dint., 1902, p. 408 ; A. DI BENEDETTO, 1906, p.118;U.THIEME- F.BECKER, V, 1911, p.423; A.MANGANARO, 1955, p.5; E.NATOLI, 1972, p.404; A.BILARDO,1975, p.176; N.CASSATA, 1981, p.129; N.CASSATA- A.MANGANARO- G.TRAPANI, s.d.(1986), p.8; C. BIONDO, 1986, p. 126; N.ARICO’, 1989, p.910; T.PUGLIATTI,1993, pp.264 e 266; L.SARULLO,2, 1993, p.65; A.BILARDO, 3, 1995, p.143; A. BILARDO, 1997, pp.125- 126; E. BAVASTRELLI- C. CERAOLO, 1997, pp.31-32 .
L. Aloisio – M.R. Naselli
( tratto da Il Mosaico della Memoria: Pittura e Scultura a Barcellona fra Quattrocento e Seicento, – Messina: SICANIA – Edizioni GBM, 1998 )