Storia – Patrimonio Storico Artistico – Chiesa dei Cappuccini – Custodia

foto custodia 

IGNOTO (secolo XVII-XVIII)

Legno intagliato e verniciato – Cm. 220 x 116

Provenienza: Dalla stessa chiesa.

Tra i lavori in legno che ornano la chiesa dell’ex convento dei Cappuccini il ciborio, incastonato nell’altare maggiore, costituisce un vero e proprio gioiello di arte monastica . Simile ad un modellino di architettura, esso presenta due ordini ed è sormontato da un cupolino con croce terminale a bracci torniti. In pianta ha la forma di un ottagono diviso a metà. La parte inferiore, nella quale a guisa di piccolo portale si apre il tabernacolo, presenta colonnine sormontate da capitelli corinzi intagliati ed aventi il fusto con la parte inferiore decorata e con la parte superiore avvolta a spirale da motivi a festone . La porta del tabernacolo intarsiata con elementi geometrici in avorio, reca scolpita la rappresentazione della Cena in Emmaus. Il fornice sovrastante ospita una raggiera con lo Spirito Santo rappresentato sotto forma di colomba. Nelle due facce laterali si aprono delle nicchie contenenti le finissime statuette lignee, alte circa 40 cm., di S. Francesco e S. Domenico. Nell’ordine superiore una nicchia quadrangolare ospita una scultura raffigurante il Trionfo della Fede. Su un carro barocco, che ricorda uno di quelli usati per il festino di S. Rosalia, è assisa una figura femminile che imbraccia una croce. Il carro, trainato dai quattro simboli degli evangelisti, il bue ed il leone in basso e l’aquila e l’angelo in alto, travolge una figura di moro. Evidente il significato allegorico della rappresentazione dell’eresia vinta dalla fede. Figure femminili simili a cariatidi reggono le membrature architettoniche al posto delle colonnine. Due nicchie vuote sui restanti lati ospitavano anticamente altre due piccole sculture oggi mancanti, ma ben visibili in una antica foto del 1918. Un cupolino a forma di piramide schiacciata conclude la piccola architettura.

La custodia fu minuziosamente descritta nel 1967 dal Calì, che ritenne intagliati da scalpello maestro i due Santi superstiti e che considerò la stessa custodia “come una delle più compiute e delle più originali, in quanto a disegno ed esecuzione” tra quelle a lui note. Recentemente il Saya Barresi ha indicato come probabile artefice della custodia il frate Macario da Nicosia, architetto curatore della sistemazione della Cittadella del porto di Messina. L’opera si inserisce in ogni caso nella ricca produzione lignea francescana tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo.

BIBLIOGRAFIA: S.CALI’, 1967, pp.47- 48; S.CALI’, 1968, p.120; CORDA FRATRES, ( a cura di), 1983, pag. 376; A.SAYA BARRESI, 1985, p.39; C.BIONDO,1986, p.180 ; E.BAVASTRELLI- C. CERAOLO, 1997 , p.53 .

 L. Aloisio – M.R. Naselli

( tratto da Il Mosaico della Memoria: Pittura e Scultura a Barcellona fra Quattrocento e Seicento, – Messina: SICANIA – Edizioni GBM, 1998 )